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Dei martirii e delle pene: il caso Bonfadio

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Jacopo Bonfadio (Garda 1508 , Genova 1550) umanista e storico italiano

Ad Adonis, ai cultori dei maleficii di Venere Attica

La storia della repressione omosessuale, nonostante il lavoro di alcuni studiosi, richiede ancora l’opera di pazienti ricercatori. Per quanto riguarda la Repubblica Genovese, poi, non e stata fin qui neppure tentata.
A giudicare da quello che mi hanno ripetuto certi topi di archivio, sembrerebbe che l’omosessualità non abbia avuto seguaci in questa clarissima urbe. Ma a giudicare dal sapore delle antiche leggi, si dovrebbe concludere che i genovesi furono un gran popolo di <<bulicci>>1. Il silenzio degli archivi, comunque, non meraviglia se pensiamo che anche le carte del Bonfadio si <<smarrirono>> durante uno dei tanti <<trasporti>> (le più diligenti ricerche degli atti del processo, già nel Settecento, riuscirono del tutto infruttuose).

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TUTTI SUI BUS CONTRO LE PANFOBIE RASSEGNA STAMPA/VIDEO

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razie a Genova24.it per la foto

Successo della manifestazione genovese di solidarietà all’uomo aggredito e portato in fin di vita da un gruppo di ragazzi fobici. Presto una galleria fotografica. Le prime reazioni dei media:

COMUNICATO STAMPA “PANFOBIE” (4 agosto 2015)

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Oggi è accaduto qualcosa di significativo a Genova. Qualcosa che di per sé, si spera, non avrà gravissime implicazioni, ma che denuncia un avvitamento del clima di fobia generale che sta prendendo sempre più persone, specie i giovani. Dei ragazzi, un piccolo branco composto da “maschi” e “femmine”, su un autobus, inizia a notare un uomo vestito secondo un proprio stile non abituale. Una delle ragazze, fidanzata con uno del piccolo branco, vedendolo “diverso” da sé e dai suoi amici, magari con abiti colorati e sgargianti, si fa condizionare dalle fobie e inizia a vedere che quell’uomo, proprio quell’uomo strano sta “adocchiando” il suo (suo nel senso di proprietà privata) boy. E’ un attimo…. Lei lo dice al branco e questo non tarda a reagire pestando l’uomo fino a ridurlo in condizioni tali da essere tenuto sotto coma farmacologico a ore di distanza dall’accaduto. Accanto a questo uomo “alieno” c’era una sua amica o forse la sua compagna. Lui non era “omosessuale”. Semplicemente esprimeva, attraverso gli abiti (immaginiamo anche attraverso gli atteggiamenti individuali) il suo stile, il suo modo di essere, pensare, identificarsi, darsi una propria individualità identitaria….  Dentro una “Società” dove i “Neri” vanno cacciati in mare, i gay non devono avere diritti affettivi, le persone transgender sono delle “baracconate” (e meglio così perché “ci pensi a trovarsi una normalissima ragazza con la sorpresa quando si è a letto? “Si, ci penso, ma penso soprattutto al rischio che sta correndo lei di morire), dove il mito dell’omologazione come via per l’accettazione si scontra quotidianamente con la voglia di “sperimentare” tipica dell’età giovanile, dove si pensa (li si fa pensare) che le soluzioni sono sempre e solo individuali, che “mors tua” è “vita mea”, cosa aspettarsi d’altro? Insieme alla solidarietà totale verso la vittima, abbiamo pensato a diffondere un Comunicato Stampa che cercasse di andare oltre il gioco delle parti tra “buoni e cattivi”, tra “criminali e vittime” quando i criminali, spesso, si nascondono dietro quel che questi giovani riescono a capire.

Clicca Qui il nostro Comunicato Stampa
inviato poche decine di minuti fa ai media