GENERI E ORIENTAMENTI

SESSO NEUTRO?SECONDO UN SONDAGGIO INGLESE I GIOVANI NON SONO NE’ ETERO NE’ GAY MA NEUTRI.
UN’INDAGINE SBAGLIATA

 

il Sito Affari Italiani riporta una sintesi di una ricerca ufficiale promossa da YouGov, importante società di rilevazioni statistiche del Regno Unito. L’indagine si è svolta intervistando 1632 persone, utilizzando una scala sulla quale le persone sottoposte al sondaggio,si dovevano posizionare tra “eterosessuali” e “omosessuali” (e bisessuali). Il risultato che “sconvolge” gli – impreparati su questo tema –  Statistici, è che solo il 6% degli intervistati si è definito “esclusivamente omosessuale” e solo il 40% si ritiene “esclusivamente eterosessuale“.
Una prima considerazione che mi viene da fare e che manca nell’articolo di Affari Italiani (non so sul report originale di YouGov) è che c’è una bella differenza tra il 6% “gay” e il 40% “etero”. Statisticamente si dice che – decimale più, decimale meno – le persone gay e lesbiche siano, nei paesi occidentali, circa il 10% della popolazione, . ed il resto – tolto un marginale, ma mai verificato numero di bisessuali – è sempre stato considerato semplicemente “normale”, “straight” come dicono in lingua inglese, cioè etero. Una percentuale che dovrebbe quindi avvicinarsi al 90%, quindi.

Paragonando lo Studio alle stime generali conosciute, la prima differenza che balza agli occhi è la quantità di discostamento fra omosessuali ed eterosessuali. Ammesso (e non concesso) che la percentuale di persone dichiaratamente omosessuali sia davvero intorno al 10%, il discostamento rispetto al sondaggio è solo del 4% in meno, mentre è effettivamente sorprendente la differenza tra quelli che presupponiamo essere eterosessuali e i dati emersi dal sondaggio (da quasi il 90% al 40% di difformità, sempre decurtando una piccola percentuale bisessuale). Neppure la maggioranza della popolazione risulterebbe essere “davvero eterosessuale”!!
Quindi, come sempre, emerge una grande differenza tra quel che si dà per “norma” e quel che è “diverso”. Questo accade perché le minoranze si contano tra di loro e si dichiarano (salvo  quella percentuale di cosiddetti “velati/e” che non vogliono far sapere a nessuno della propria omosessualità, neppure ad un sondaggio anonimo), mentre quel che culturalmente è considerata la “norma” si considera come maggioranza schiacciante. Anche perché, di solito, agli e alle etero non si domanda se sono realmente tali: lo si dà per scontato. Prima sorpresa, quindi, per YouGov, ma non per noi (se non per l’onestà nelle risposte degli inglesi ai questionari).

Quindi la ricerca statistica rivela che ben il 43% delle persone intervistate non sono state in grado di auto-classificarsi in base alle (a noi non note) possibilità di risposte fornite da parte di YouGov a chi compilava la scheda. Molti si sono dichiarati con una sessualità “fluida” che evita qualsiasi categorizzazione e che, “solo per comodità, potrebbe essere associata alla bisessualità”.

Ma, sorpresa delle sorprese è il dato relativo ai giovani: superiore di sei volte rispetto a quello degli adulti. (da cui si desume che, essendo i dati forniti, una media, tra i giovani sia davvero elevata la percentuale di chi non si sa definire). Quelli di YouGov ci tengono a dire che” chiaramente questi numeri non indicano una bisessualità attiva e messa in atto nella vita reale”. ma solo “un approccio più aperto alla sessualità” .
Sarà, ma se una persona si dichiara intermedia tra i due poli opposti duali non si capisce perché – rispondendo per sé in prima persona – dovrebbe poi “non praticare” e avere solo  un “approccio aperto”. Sembra più una voglia di tranquillizzare la traballante maggioranza eterosessuale.

Perché ho definito questo sondaggio sbagliato? Perché se ormai si legge anche sulle riviste di gossip che i Generi sessuali sono molti più di quelli “solo maschile” e “solo femminile”, a prescindere dal sesso genetico di nascita, non si capisce perché – aumentando i Generi – gli orientamenti debbano rimanere solo due + uno (bisessuale). Già tre anni fa, nel mio libro Oltre le gabbie dei generi – il Manifesto Pangender* avevo dedicato un capitolo al gioco degli orientamenti sessuali. Nel capitolo definivo, con tanto di nomi specifici per ognuno, almeno 18 orientamenti sessuali e ne indicavo soltanto molti altri possibili. E se è vero che tali orientamenti siano quasi innumerevoli, diventa improvvisamente normale che il 43% delle persone intervistate, alla luce della banalità duale “solo etero”, “solo omo” non si sappia descrivere. Come si fa a descrivere qualcosa di sé di cui non è ammessa neppure l’esistenza con la dignità di un un nome proprio, nell’ambito degli orientamenti sessuali? E se esistono tante persone che non si sentono “propriamente maschi” o propriamente femmine” ma “gender variant” anche a piccoli livelli, se non si capisce bene se ci si sente più uomini o più donne (a prescindere dal sesso biologico), come si fa a dire “etero” o “omo”? Se mi sento donna e amo le donne sono lesbica? Anche se sono biologicamente maschio e vivo da maschio? Se sono una donna e mi sento prevalentemente uomo e amo le donne sono lesbica o transGenere (in senso lato) etero? Un bel casino!

Ma no. Tutto diventa semplice guardando la realtà e dando i nomi alle cose. Dovremmo mettere ordine per non accontentarsi della parola “neutro” quando non si sa di che colore si è o che colore ci piaccia.

Nel passaggio del mio libro citato, non è casuale il fatto che ho chiamato “gioco” quello degli orientamenti sessuali. Il volerne definire 18 e indicarne molti altri possibili ha uno scopo “inflazionistico”. Tanti più orientamenti sessuali esistono, tanto meno ha senso definirli in termini di valore o disvalore, in primis e, secondariamente, la definizione di quasi infiniti orientamenti sessuali appartiene più ad un area individuale che sociale, se non per la sempre meno necessaria abitudine di mettere al mondo figli. Un bisogno per chi ama sentirsi “appartenente” ad una (o più) caratteristica di orientamento sessuale.

Lo studio inoltre, non differenzia i Generi, né gli orientamenti sessuali (se non in termini duali) e fa anche un errore più comune a tanti: non differenzia “orientamento sessuale” e “orientamento affettivo”. Oggi le persone separano e poi rimixano individualmente questi due aspetti non sempre coerenti fra loro. Parlo di me per fare un esempio incontestabile: io sarei bisessuale (anzi pansessuale), ma sono omoaffettiva e quindi, nella mia vita ci sono state compagne donne e, un paio di brevissime storielle etero (le prime e più antiche) ed un rapporto bello che io dovrei definire “trans-to-trans-eterosessuale”, cioè con un transessuale da F a Uomo. Cosa avrei risposto io stessa di fronte ad un questionario che propone poche ipotesi? Fluida, ovviamente… Eppure, nella vita reale, sono, nei fatti, translesbica da molti anni. Ma se devo tenere conto del mio Sesso, della mia Identità di Genere, del mio Orientamento Sessuale e del mio Orientamento Affettivo, il Gender della persona con cui posso instaurare un rapporto sessuale e affettivo insieme è, a priori, “imprevedibile”. Nella realtà io conosco le percentuali tra le varie possibilità, ma non potrei mai definirmi con un orientamento che ha come prima parola “esclusivamente”.

Purtroppo anche la comunità LGBTQI continua ad ampliare la propria concezione di Gender e Identità di Genere senza farne conseguire un OVVIO (ma evidentemente invisibile) aumento identico degli orientamenti sessuali.
Qualcuna/o, un po’ ingenuamente, potrebbe chiedersi il perché di questa così lampante cecità. Tenuto presente che di Associazioni Transessuali in Italia ve ne è stata solo una, che quelle Transgender si sono più o meno aperte sui Gender Studies includendo Intersessuali e ogni varianza di Genere, restano solo le Associazioni Gay e Lesbiche a tenere molto ad una loro specifica identità da contrapporre (come nemesi?) alll’eterosessualità.
Se gli Orientamenti Sessuali diventassero come le Identità di Genere e cioè come sono in realtà: fluide e definibili secondo quasi infiniti parametri, anche le Associazioni Gay e Lesbiche, in quanto tali, non avrebbero molto più senso dal punto di vista identitario. Per lottare per il Diritto Ugualitario al Matrimonio non è necessariamente obbligatorio essere “esclusivamente gay”. Basta anche solo ipotizzare che un giorno, nella propria vita, ci si potrebbe innamorare di un uomo (se si è tali) per essere favorevole. Le donne poi, specie quelle sposate da un po’, spesso invidiano le lesbiche (beh.. queste sono confidenze da parrucchiera ma tante, queste si sorprendenti per me, specie ad inizio transizione)… Quando mi dichiaravo – dopo aver chiacchierato un po’ e stabilito un poco di empatia – transgender e lesbica (soprattutto la seconda delle due cose), non raramente iniziavano a confessarmi fantasie o sogni ripetuti di relazioni con altre donne, reali o meno…

Chiudendo la parentesi “da salotto”, ovviamente anche per una donna, è sufficiente ipotizzare di stancarsi degli uomini e di immaginarsi con una donna per pretendere uguaglianza di coppia per sé e per i figli eventuali.

Insomma, non è che le Ass.ni Gay e Lesbiche sparirebbero ma dovrebbero “disciogliersi” – come fanno molte Associazioni Transgender (esco un attimo dall’asfittico panorama italiano) – che sempre di più, accanto al supporto pratico alle persone di riferimento, affiancano elaborazioni sempre meno “attaccate” alla propria specifica condizione.

Questa era la ragione del mio libro: cercare di convincere le attuali Associazioni LGBTQI a diventare qualcosa d’altro. Speravo che un libro scritto da una persona che fino al giorno prima era parte del “gotha” LGBTQI, avrebbe smosso qualcosa nel panorama un po’ fermo dell’Associazionismo LGBTQI, anche con utleriori loro proprie elaborazioni di una visione più aderente alle realtà dei sessi, dei generi, delle identità di genere, degli orientamenti sessuali e affettivi.
Il risultato fu opposto: non una grande Associazione LGBTQI mi invitò mai alla presentazione del mio libro. Uniche eccezioni: due Associazioni locali: “Genova Gaya” di Genova e  “Harvey Milk” di Milano, non casualmente due associazioni – a quei tempi – atipiche rispetto al resto del panorama LGBT.

Ringrazio ancora una volta Rainbow Pangender e Pansessuale che benevolmente ospita qualche mio scritto (una volta li chiamavo “editoriali”), pur avendo io una funzione, nell’Associazione, onoraria e non operativa.
Mirella Izzo
(l’articolo è copiabile solo per intero e citando fonte del sito e autore)

* il link è alla pagina Facebook del libro

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